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martedì, luglio 29, 2008

Mariapoli Vacanze Folgarida 2008






Grazie a tutti per aver condiviso in questi posti meravigliosi l'esperienza di una grande famiglia.
Domenico (Dono)

Altre foto le trovate cliccando nell'icona sotto

Mariapoli Vacanze Folgarida 2008

venerdì, luglio 18, 2008

La montagna chiama



È sepolto per sempre nei ghiacci del Nanga Parbat, un 8.000 del Kashmir. Karl Unterkircher era un uomo che cercava sempre, nella vita, la vetta più alta.

È il 13. Luglio. Sono sdraiato nella mia tenda. Cerco di addormentarmi, ma la mia mente è confusa da tante domande. I miei pensieri vanno sempre al Nanga Parbat, alla parete Rakhiot. Le scariche di ghiaccio mi procurano paura. La responsabilità mi procura ansia, pensando frequentemente a casa, ai miei cari. Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita. Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio: se ci chiama dobbiamo andare. Sono cosciente che l’opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: “Cosa sono andati a cercare là? Ma chi glielo ha fatto fare?”. Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama!”

Sono le ultime parole scritte da un uomo che, nella vita, cercava vie esclusive. I sognatori e i bambini sanno dare forma alle nuvole. Karl era uno di quegli alpinisti che sanno intuire, dove altri non vedono nulla, disegni ed ombre persi tra le pieghe d'immobili rocce e ne fanno la traccia per la loro impresa. Lui, infatti, entrato nella storia dell’alpinismo per aver scalato, senza ossigeno, Everest e K2 in meno di due mesi, non cercava i record, non aveva alcun interesse a collezionare tutti gli 8.000. Le sue imprese sono state altre. Unterkircher amava sbrogliare i “problemi” non ancora risolti delle grandi pareti del mondo: il versante nord del Genyen, 6240 metri, in Cina; lo spigolo sud del Jasemba, 7350 metri, al confine tra Nepal e Tibet; la parete nord del Gasherbrum II (8035 metri). Tutte vie dove nessuno prima era mai riuscito. Anche per la sua ultima impresa aveva scelto un percorso inviolato: del già infernale Nanga Parbat, la “montagna assassina” (duecento hanno tentato di scalarla, oltre sessanta non sono tornati) aveva adocchiato da tempo la terribile parete Rakhiot. Una slavina, mentre guidava i compagni, Nones e Kehrer, lo ha sepolto lì, per sempre, in un crepaccio.

“Ogni tanto parlavamo della morte. Lui sentiva che una volta o l’altra sarebbe rimasto sulle montagne. Almeno so che adesso è nel posto che amava più di tutti”. Silke, la moglie di Karl, è una donna minuta, semplice, forte. Crescerà i figli, Alex, Miriam e Marco di 6, 3 e 1 anno, spiegando loro che il loro papà è forte, che ha già raggiunto la vetta, che è volato in cielo, che sarà loro vicino come quando li portava in braccio e raccontava loro le favole per addormentarli. Gli pesava infinitamente stare lontano da casa. Un paio di mesi fa, al congresso di Sportmeet, incantando tutti con le sue parole e le sue immagini, spiegava: ”Nell’arrampicare sperimento spesso la mia felicità: credo che tutto nella vita abbia un senso, anche se a volte mi chiedo perché sono lì, chi me lo fa fare. Ma poi, una volta tornato a casa, dopo due settimane sono già lì a pensare quale sarà la prossima avventura.”

Amava la natura: camminando, sciando, arrampicando riusciva a sentirsene parte. Cercava ogni volta di capire sempre meglio quale fosse il suo posto in quel mosaico misterioso ed affascinante. Era esperto e prudente, sempre pronto ad imparare. Da tutto e da tutti. Con me si lamentava di non saper comunicare: chissà se lo pensava davvero. Non erano le parole a farlo un maestro del “dire qualcosa”, ma i suoi silenzi, il suo continuo interrogarsi e mettersi in discussione, la sua profonda vita interiore che colpiva chiunque lo incontrasse. Karl era un uomo che, nella vita, cercava la vetta più alta. E di questa sua ricerca ti faceva partecipe, ti coinvolgeva, ti trasmetteva l’inquietudine e la speranza, ti accendeva in cuore sempre nuove frontiere. C’eravamo lasciati così: “Al ritorno dal prossimo 8.000 ti vengo a cercare: in Tibet ho visto tanta povertà, tanti bambini che non hanno nulla. Dobbiamo fare un progetto per loro.”

Prima di una delle ultime spedizioni era andato al Monte Kailash, la montagna sacra, in un monastero vicino al Lago Manasaravar: “Un’esperienza bellissima che ho potuto condividere con amici: ho acceso una candela pregando alle spedizioni prossime.
Ancora una volta mi sono chiesto il perché di dover andare lí: se tutto, nella vita, ha una spiegazione spero proprio di trovarla, prima o poi. C’è una frase del Dalai Lama che mi guida: “Vivere in modo giusto e sereno é possibile solamente se siamo consapevoli, che prima o poi moriremo.””

Paolo Crepaz

Dall’alpinismo internazionale, Karl Unterkircher, era considerato il più forte ed il più coraggioso per le sue imprese (www.karlunterkircher.com), ma da tutti era considerato un uomo buono, semplice, generoso.

mercoledì, luglio 16, 2008

Arrivederci Karl Unterkircher

In questi giorni tentando una via nuova sul Nanga Parbat
un grande Alpinista
un grande Amico
un grande Uomo
ci ha lasciato.
Resterai però sempre nel mio cuore.

Ciao Karl


lunedì, luglio 14, 2008

Pensare, pregare, sorridere






Trekking del Cristo Pensante: camminare e riflettere guidati dai pensieri di grandi figure del cristianesimo

 Chiara Lubich amava il Trentino e le sue montagne. Le vacanze sue e delle prime compagne fra le montagne di Tonadico e Fiera di Primiero, dal ’49 al ‘59, divennero le prime Mariapoli, gli incontri estivi del nascente Movimento dei Focolari. 

Non poteva trovare collocazione più significativa un sentiero di montagna dedicato a Chiara accanto ad altri intitolati a grandi figure significative del cristianesimo: San Francesco, Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta. Prende il nome di Trekking del Cristo Pensante perché sulla cima del Monte Castellazzo, 2.333 metri, meta del percorso, una cattedrale naturale con il più affascinante panorama delle Pale di San Martino, troverà posto l'originale figura in pietra bianca, in grandezza naturale, opera di Paolo Lauton, di un Cristo in meditazione, la corona di spine realizzata con filo spinato della Grande Guerra. Accanto, una croce in ferro, vuota.

Il progetto sta prendendo forma in questi mesi ed a settembre sarà inaugurato: percorsi facili, alla portata di tutti, un’ora e mezza al massimo, con partenza da Capanna Cervino, sopra Passo Rolle, passando da Baita Segantini, costeggiando la stupenda Val Venegia fino alla cima.

Ma la vetta da raggiungere è prima di tutto una vetta spirituale: il trekking è infatti un percorso escursionistico improntato alla riflessione ed alla ricerca interiore. La figura del Cristo Pensante, in linea con le tradizioni montanare cristiane, non è una proposta confessionale, ma aperta agli uomini di ogni convinzione ed ai credenti di ogni religione: ciascuno, leggendo i pensieri di queste grandi figure che hanno saputo parlare all’umanità intera, può trovare la propria ispirazione.

Basta leggere le parole di Madre Teresa scritte sulla base di roccia del Cristo: “Trova il tempo di pensare, trova il tempo di pregare, trova il tempo di sorridere”. L'idea del trekking è venuta a Pino Dellasega, un appassionato istruttore di nordic walking, la camminata con i bastoncini: “Mi trovavo in Val Venegia quando ho visto un mussulmano tutto solo pregare davanti alle nostre montagne. Ho compreso come la natura possa accendere la spiritualità che vive in ogni uomo. Così è nata l’idea del trekking e la convinzione che si possano proporre occasioni di brain walking, camminare con la mente muovendo il fisico, in perfetto equilibrio.”

“Il trekking – spiega ancora Dellasega – vuole essere una palestra per pensare, farsi domande e trovare risposte. Per sedersi, immersi nel tramonto, accanto al Cristo Pensante, per capire quanto piccolo sia l’uomo e quanto grande sia l’universo. E, nel momento in cui il sole è andato a dormire, far posto ad una coperta di stelle per capire che non sei tu che guardi la natura, ma è Lei che ti osserva. In quel momento ciascuno potrà sentirsi un po’ più ricco e potrà guardare tutto con una prospettiva nuova”.

 Paolo Crepaz